Sono senza radici, o forse le radici della mia generazione sono queste. Vengo dopo la guerra, dopo la lotta, successiva al boom economico, il ’68 è il mio anno di nascita, non evoca nessuna militanza, né di qua, né di là. Un padre e una madre scappati alle rispettive terre, alle rispettive povertà. Sradicati in una città operaia. Trasportati in una corrente demografica, prima generazione dall’immaginario pesantemente televisivo. Mettere su casa, il posto fisso, le vacanze al mare.
Sradicata figlia di sradicati. Nulla mi trattiene, tutto mi spinge, a sedici anni. L’inquietudine mi spinge, nulla mi trattiene. Vado decisa, incarno ogni idea che afferro, butto me stessa in un campo di forze, sono rigida, intransigente, estremista per definizione. Penso di inventare giorno per giorno un sentiero che invece è affollato.
Cosa cerca il cuore? Dove vuole ancorarsi? Quante volte sogna di cadere in ginocchio?
Non rinnego niente, se il percorso che ho fatto doveva portarmi qui. Anzi, se qualcosa ho rinnegato, è il momento di riaccoglierlo, di pacificarmi.
Soprattutto ringrazio di avere avuto un cuore grande (la testa invece così e così), tanto da sentire sete di cose grandi, da volere tutto, da cercare senza mezze misure. Ho avuto sete fino a quando non ho trovato un fiume vivo, un albero con radici eterne, una storia che andava ben oltre la mia, ricca di bellezza e verità.
Oggi guardo i miei figli e vorrei farmi radici per loro, vorrei che la nostra famiglia fosse il loro luogo di innesto su questo albero vivo. Vorrei trasmettere loro ciò che viene da lontano, non le foglie caduche che si rinnovano ad ogni stagione, ma la linfa, ciò che non muta. Vorrei essere in grado di insegnare loro che ci sono parole che l’uso consuma, che diventano trasparenti e prive di significato, altre invece si trasformano in perfette pietre levigate, acquistano senso e cuore ad ogni passaggio. Vorrei aiutarli a scoprire queste parole, un linguaggio liturgico, un senso sempre più vasto rispetto ai termini che vogliono esprimerlo.
Vorrei dir loro che il tempo è prezioso e dovremo renderne conto, portarli via dalla città, concedere spazio e tempo alle anime.
Farmi radici per loro.
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